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Torna la dispersione urbana?

sprawlII
Immagine: copertina dell’album Sprawl II degli Arcade Fire

Sometimes I wonder if the world’s so small
That we can never get away from the sprawl

Così il gruppo indie rock Arcade Fire racconta quanto sia pervasiva la dispersione urbana nella loro parte di mondo che, malgrado ci sia di mezzo l’oceano, è anche la nostra. Ora, tra le conseguenze della crisi, ci si sarebbe potuto aspettare un rallentamento dell’avanzata delle aree urbanizzate. Invece in questi anni si sono moltiplicati i piani urbanistici espansivi che spingono molti cittadini a farse la seguente domanda: chi mai le comprerà le case che prevedono di costruire? Adesso sembra che, come recita una nota espressione popolare,  con l’attenuarsi degli effetti della crisi economica, scatenata proprio dall’edilizia selvaggia,  la dispersione urbana faccia la sua trionfale ricomparsa come paradigma di sviluppo territoriale, almeno dall’altra parte dell’oceano.

E’ ciò che preannunciava qualche tempo fa un articolo della Sunday Review del New York Times, a partire dal caso di un sobborgo a una cinquantina di chilometri dal centro di Minneapolis  – Otsego – dove è ripresa la costruzione di quartieri di villette, dentro strade a cul-de-sac, su aree già destinate allo scopo dai piani urbanistici redatti prima della crisi. Ora i costruttori che le hanno comprate a prezzi bassi anche se già dotate dell’urbanizzazione primaria, stanno facendo ottimi affari perché la domanda di quel tipo di tipologia edilizia non sembra diminuire. A Minneapolis l’organismo di pianificazione a scala metropolitana, che controlla un territorio composto da sette contee, ha fissato alcuni obiettivi di densità sia per le zone di nuova urbanizzazione che per quelle già urbanizzate, che in molti considerano poco realistici in relazione alle tendenze del mercato. I costruttori lamentano che questi vincoli fanno crescere i costi degli immobili e spingono a uno sviluppo discontinuo verso zone esterne, come Otsego, fuori dalla giurisdizione del governo metropolitano. E tuttavia i proponenti della cosiddetta smart growth indicano dati di mercato che confermano la crescita della domanda di tipologie abitative diverse da quelle che caratterizzano il classico sprawl suburbano. Inoltre le abitazioni più vicine ai nuclei centrali con la crisi hanno mantenuto un valore più alto rispetto a quelle suburbane.

A Dallas i quartieri più antichi e centrali hanno attirato migliaia di giovani professionisti che cercano la vita urbana. E’ un fenomeno che riguarda tutti gli Stati Uniti dove, dal 2010, quasi il 30 per cento degli appartamenti sono stati costruiti in zone urbane centrali, un dato che riporta la situazione a  prima della seconda guerra mondiale. Allo stesso tempo però si assiste ad un boom della costruzione di appartamenti di tipo urbano nei sobborghi, i quali, progressivamente, tendono ad assomigliare sempre di più a quartieri della città centrale. La nuova attrattività delle periferie sta nel fatto di ospitare numerose aziende e i relativi posti di lavoro. E’ il caso di West Plano, un’iniziativa immobiliare partita con la costruzione di 621 appartamenti a 20 km dal centro di Dallas su di un terreno vuoto circondato da campus aziendali. Fra un paio d’anni assomiglierà molto ad un quartiere urbano, almeno nelle intenzioni della società immobiliare che lo sta realizzando.

D’altra parte, malgrado la crescita del mercato immobiliare abbia riguardato sempre di più le aree centrali, nuove indagini rivelano che i sobborghi hanno ancora un forte appeal. Rose Quint, un ricercatore della National Association of Home Builders, sostiene che due Millennial (la generazione diventata adulta con il nuovo millennio) su tre vogliono vivere nei sobborghi. «In realtà, solo il 10 per cento degli americani nati dopo il 1977 vogliono vivere in aree urbane», anche se «rispetto ad altri gruppi, sono più propensi a voler vivere in centro, ma è una quota molto piccola»  ha aggiunto Quint.

La storia che i Millennial si riversino in massa nelle aree centrali delle città sarà anche stata sovrastimata, ma che ci sia qualcosa di vero lo dimostra il fatto che le nuove espansioni suburbane  tendono a ricreare un ambiente molto simile a quello dei quartieri urbani centrali sfruttando l’attrattività che quelle aree hanno riguardo alla disponibilità di posti di lavoro. Per i giovani cresciuti nei sobborghi trovare una specie di downtown dove prima c’era solo una indifferenziata distesa di villette può essere un incentivo a non andarsene. Insomma il mercato capisce presto cosa vogliono gli acquirenti e l’offerta non fatica ad adeguarsi alla domanda, posto che i piani urbanistici favoriscano questo adeguamento. Da questo punto di vista le previsioni di espansione suburbana a bassa densità, rimaste inutilizzate per via della crisi, diventano strategiche per le politiche smart growth dei sobborghi all’insegna del mix funzionale e della densificazione.

Riferimenti

S. Dewan, Is Suburban Sprawl on Its Way Back?, The New York Times Sunday Review, 14 settembre 2014.

S. Brown, Dallas’ urban apartment building boom is heading to the suburbs, The Dallas Morning News, 5 febbraio 2015.

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