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Che fastidio le donne che scrivono di città

Città e libertà, la raccolta di scritti di Jane Jacobs pubblicata quest’anno da  Elèuthera  (tradotta e curata da chi scrive), ha ricevuto ormai qualche recensione. Tra queste non potevano mancarne almeno un paio che fanno trapelare (in particolare in un caso) o manifestano apertamente ( in un altro) quell’insieme di prove inclini a confermare convinzioni, aspettative o ipotesi esistenti a proposito delle donne. Si tratta in sostanza del fenomeno noto come confirmation bias,  il meccanismo che valida un pregiudizio pur evitando di usarlo per arrivare a determinate conclusioni. Nel caso di Jacobs, o per meglio dire del suo libro più famoso (Vita e morte delle grandi città), esiste un illustre precedente dell’uso del pregiudizio confirmatorio ed è la recensione che di esso scrisse Lewis Mumford nel 1962 sulle colonne del New Yorker.

L’autore di La città nella storia, libro pubblicato lo stesso anno di quello di Jacobs,  inizia il suo articolo adducendo molti argomenti che confermano la correttezza dell’analisi di quest’ultimo, per poi affermare che lui già nel 1942 aveva raggiunto le stesse conclusioni, in particolare a proposito del degrado di  un certo intervento di edilizia residenziale pensato per superare i limiti igienici dell’edilizia di mercato. Nulla di nuovo scopriva quindi la signora riguardo ai disdicevoli risultati delle case popolari e del rinnovamento urbano,  oggetto del suo libro e argomento di discussione capace di animare la conversazioni dell’ora di cena durante l’anno trascorso dalla sua pubblicazione. La signora Jacobs, prosegue Mumford, aveva giusto il merito di essersi presentata qualche anno prima, come una ventata di aria fresca,  ad esporre le controindicazioni del rinnovamento urbano in un convegno di urbanisti sul quale alleggiava l’atmosfera nebbiosa del gergo professionale. In quella occasione dimostrò di essere una persona da tenere in considerazione, un nuovo tipo di “esperto” (le virgolette sono sue), assai innovativo rispetto ai circoli di urbanisti che erano ormai più inclini a porsi questioni risolvibili solo dai computer  invece che ragionare sulle ricadute dei loro grandiosi progetti urbanistici. Quella donna capace aveva usato i suoi occhi, e in modo ancor più ammirevole, il suo cuore per valutare gli aspetti umani di quei progetti, ma mentre  il suo intervento pieno di spunti e idee innovative avrebbe potuto intitolarsi Ragione e sentimento,  il libro che ne è poi seguito avrebbe potuto avere come sottotitolo Orgoglio e pregiudizio. Insomma, se non fosse già abbastanza chiaro dove vuole parare Mumford e senza inoltrarci oltre nel suo testo ( in cui la sua principale preoccupazione è di mostrare la sua conoscenza delle questioni urbane),  il problema del libro di Jacobs  risiede nel fatto che partendo da giuste premesse arriva a formulare ricette sbagliate. Le  grandi questioni delle aree metropolitane non potevano essere affrontate a partire dalla scala del quartiere, ovvero il punto d’osservazione di una persona che per prima cosa era una donna intenta a badare alla prole a al focolare domestico. I suoi rimedi altro non erano che impiastri e cataplasmi su quel malato di cancro rappresentato  dalla città.

Ciò che trapela da Mother  Jacobs’ Home Remedies è la convinzione che il punto di vista sulla città di una madre, più che il frutto di osservazioni oggettive, è il portato delle sue preoccupazioni ; una visione dell’ambiente circostante fatta a partire dalla tana, dal basso quindi, e non dalla prospettiva a volo d’uccello con la quale gli urbanisti rappresentano la città. Con un piccolo sforzo di immaginazione  lo si può quasi sentire il suggerimento di Mumford alla signora Jacobs:  si occupi della sua famiglia invece che di una faccenda complessa come la città. D’altronde lei non era una specialista e nemmeno era laureata. Poco importa che nemmeno lui fosse sia l’una che l’altra cosa. Agli specialisti lui riconosceva il giusto ruolo, fidandosi e promuovendo le loro idee.

Pur considerando Mumford un uomo che apparteneva a un’epoca precedente la nostra, quel titolo così scopertamente sessista (almeno per noi contemporanei) appare come la vistosa manifestazione di quanto sia possibile per un maschio sminuire il pensiero di una persona semplicemente partendo dall’aggettivo femminile.  D’altra parte cos’altro è il riferimento ai libri di Austen se non il tentativo di accomunare le due Jane a quel tipo di pubblicazioni connotato soprattutto dal genere delle loro autrici?

Se state pensando che a distanza di cinquantotto anni si debba fare la tara del tempo sulle parole di un uomo che ne avrebbe centoventicinque, ricredetevi immediatamente. In una delle recensioni di Città e libertà (più che altro una breve nota di presentazione della figura di Jacobs) si può leggere di lei che era una ragazza dal cipiglio caparbiamente protestante, femminista fin dalle superiori ma poi anche madre di tre figli (nonché moglie di un architetto), [che] metterà a soqquadro le politiche urbane date per assodate negli anni della affluent society e della crescita incontrollata delle città dei baby boomer. In questo passaggio di L’antenata dei No-Tav  (sic!),  l’autore (il nome può anche essere omesso in questa sede) ci fornisce poi la seguente manifestazione di un ben radicato sessismo : era nei fatti piuttosto femminista, ma con tre figli e restando sempre sposata con lo stesso uomo, ecc. (…) Jacobs è stata insomma più che la nonna dei movimenti No Tav, la versione americana di Italia Nostra (…). Non serve spingerci oltre  in simili considerazioni per evidenziare come gli stereotipi finiscano per essere preferiti agli aspetti che oggettivamente hanno caratterizzato la figura di Jacobs. Madre sì di tre figli e contemporaneamente la persona che più di ogni altra ha messo in crisi l’urbanistica ortodossa, come lei la definiva,  o, come scrive un altro recensore più avanti menzionato, “ il progetto della città contemporanea”. Ma è forse proprio questo che non le si perdona: la sua critica ai fondamenti di una disciplina piuttosto patriarcale. Si preferisce quindi relegarla nel filone della protesta, delle anime belle, del conservatorismo e financo del populismo. D’altra parte era una donna, come Denise Scott Brown,  pure citata dall’ineffabile “recensore” (le virgolette sono mie) come una che contestava, anche lei moglie di, insieme a Jacobs una donne a cui si può giusto attribuire il merito di essersi opposta a qualcosa. Quanto poi queste opposizioni abbiano cambiato il segno del discorso e dell’intervento sulla città contemporanea  nulla ci dice questo signore, che tra le sue credenze annovera quella secondo cui essere femminista è incompatibile con la funzione riproduttiva.

In un’altra recensione di Città e libertà, decisamente più accurata e documentata, il pregiudizio confirmatorio sembra emergere quasi all’insaputa dell’autore, il quale però non si esime dal classificare Jacobs secondo un criterio che origina dal tempo presente. Eccola allora diventare un’anticipatrice di coloro che in numero crescente elogiano l’incompetenza e che si schierano contro la dittatura dei competenti, espressione che addirittura diventa il titolo dell’articolo. Evidentemente dopo sei decenni  a Jacobs si riserva ancora lo stesso trattamento  che un altro “incompetente” , considerato tuttavia  uno dei più grandi esperti di questioni urbane, aveva riservato al suo libro più famoso.

In chiusura, è possibile notare come anche nel lavoro di una brava giornalista, che l’antologia di scritti di Jacobs ha sicuramente letto,  qualcuno ha sentito  il bisogno di infilare l’equazione tra donna e casalinga, segno che sugli stereotipi di genere le redazioni dei giornali (se a loro si deve la titolazione degli articoli) hanno ancora moltissimo da lavorare. Ma d’altra parte le evidenze  a questo riguardo sono così numerose che quelle emerse in queste brevi note non sono altro che una goccia nel mare.

Di Michela Barzi

Laureata in Architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Si è occupata di pianificazione territoriale ed urbanistica per vari enti locali. Ha pubblicato numerosi contributi sui temi della città, del territorio e dell'ambiente costruito in generale e collaborato con istituti di ricerca e università. Ha curato un'antologia di scritti di Jane Jacobs di prossima pubblicazione presso Elèuthera. E' direttrice e autrice di Millennio Urbano e scrive per altre riviste.