Con la legge 56/2014 (detta legge Delrio) la Città Metropolitana, realtà istituzionale di cui si discuteva da almeno venticinque anni, è diventata realtà e dal 1 gennaio 2015 subentrerà, con funzioni anche nuove e diverse, alle dieci relative province,comportando rilevanti innovazioni sui processi di governo del territorio. Il testo normativo individua le funzioni fondamentali del nuovo ente di area vasta che dovrà occuparsi di sviluppo economico, promozione e gestione integrata dei servizi, infrastrutture, reti di comunicazione e le relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, comprese quelle a livello europeo. La Città Metropolitana si occuperà inoltre di mobilità e viabilità e dovrà assicurare la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano.
Le Regioni dovevano già a luglio decidere quali funzioni delegare alle città metropolitane e tuttavia, per il momento, l’accordo si è trovato solo per quelle di tipo amministrativo. Per tutto il resto le Regioni si sono impegnate unicamente ad “adottare le iniziative legislative di propria competenza” entro la fine del 2014. Un impegno in verità assai vago che lascia intendere, in filigrana, il dualismo che si è venuto a creare tra le regioni e i nuovi enti metropolitani che, specie in alcuni casi, hanno un peso assai elevato nelle dinamiche politiche e socio-economiche degli ambiti regionali di appartenenza.
In attesa della riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione – delle relative norme di attuazione e fermo restando la competenza regionale (articoli 114 e 117) – le Città Metropolitane saranno governate, secondo la legge 56/2014, dal sindaco, il consiglio e la conferenza metropolitana. Non è prevista la costituzione della giunta, ma è data la facoltà al sindaco di nominare un vicesindaco e uno o più consiglieri delegati. Il consiglio, l’organo d’indirizzo e controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano; ha altresì potere di proposta dello statuto (attualmente in fase di redazione) e poteri decisori finali per l’approvazione del bilancio.
Proprio le risorse appaiono il nodo attualmente più intricato in quanto le Città Metropolitane, a fronte di un aumento del numero di competenze “pesanti”, ereditano quelle delle province, che da alcuni anni sono oggetto di pesante decurtazione. Posto che le Città Metropolitane per funzionare necessitano di risorse proporzionate alle funzioni che esse saranno chiamate a svolgere, l’utilizzo dei fondi europei tramite i PON (Piani Operativi Nazionali) si pone così come una importante scelta strategica: lo stanziamento previsto è di quasi 600 milioni di euro tra il 2014 e il 2020, ma riguarda solamente progetti inerenti l’agenda digitale, la mobilità e sostenibilità urbana e l’inclusione sociale.
Verso Il Piano Territoriale Metropolitano
Il nuovo ente si occuperà di “pianificazione territoriale generale”, comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni ricompresi nell’area. A tale attribuzione si affianca la “pianificazione territoriale di coordinamento”, nonché la “tutela e valorizzazione dell’ambiente” ereditata dalla Provincia; un ruolo di coordinamento tra i diversi temi e soprattutto tra i differenti piani, possibilmente con un impegno concreto di razionalizzazione e semplificazione. Il termine “pianificazione generale” sembra far riferimento alla possibilità di previsioni di carattere prescrittivo e cogente, selezionando progetti e azioni rilevanti di scala vasta e lasciando così alla strumentazione urbanistica “tradizionale” compiti regolativi di livello comunale/locale.
In un quadro di leggi urbanistiche e di governo del territorio in cui, ad eccezione della regione Piemonte, le Città Metropolitane non esistono, e fatte salve le leggi regionali che dovrebbero specificare in dettaglio compiti e ruoli delle singole realtà istituzionali, il Piano Territoriale Metropolitano (PTM) sarà quindi chiamato a svolgere tre principali funzioni: strategica, di coordinamento e prescrittiva, con efficacia prevalente per ambiti e temi selezionati cercando forme di condivisione e raccordo con i comuni.
Riassumendo si può dire che il PTM potrebbe quindi avere alcune caratteristiche del piano territoriale di coordinamento provinciale e avere una valenza di piano strutturale per quel che riguarda l’assetto complessivo del territorio – non incidente però sui diritti edificatori – oltre una valenza attuativa per alcune funzioni strategiche (infrastrutture e sistemi di livello metropolitano) da gestire tramite accordi di programma con gli enti locali interessati. In attesa che siano le leggi urbanistiche regionali a definire le prerogative del PTM, saranno gli Statuti attualmente in corso di elaborazione a farsi carico di tale definizione, dopo di che si aprirà la fase di elaborazione che potrebbe, verosimilmente, avvalersi delle elaborazioni già prodotte dalle province in sede di piani territoriali di coordinamento.