E’ dalla seconda metà del Novecento che la specializzazione funzionale della città viene sostenuta dall’uso massiccio dell’auto per gli spostamenti tra i differenti settori urbani, i distinti luoghi dove le persone abitano, lavorano studiano, si curano, si divertono, eccetera. Ora la diffusione dell’auto è diventata la malattia della città contemporanea. Nell’era post-industriale le funzioni sul territorio hanno smesso di avere un riferimento spaziale preciso. Residenze, servizi, luoghi della produzione e del consumo sono in linea di principio localizzabili ovunque, in relazione ad una teoricamente infinita possibilità che essi possano essere raggiunti via mezzo meccanico.
«Come molti di coloro che abitano nel centro di Londra, percepivo sempre un senso d’inquietudine quando mi allontanavo dalla città per avventurarmi nelle zone residenziali dell’hinterland. (…) Ero appena entrato in quella che la cartina stradale mi segnalava come un’area di antiche cittadine della Valle del Tamigi – Chertsey, Weybridge, Walton – ma di cittadine nemmeno l’ombra e attorno a me c’erano pochissime tracce di insediamenti urbani permanenti. Stavo attraversando zone cresciute alla rinfusa tra una città e l’altra, una geografia di deprivazione sensoriale, un territorio di strade a doppia carreggiata e stazioni di servizio, aree industriali e segnali stradali per Heathrow, terreni agricoli in disuso pieni di serbatoi per butano, depositi con esotici rivestimenti di lamiera. (…) Non c’erano cinema, chiese, né centri di attività amministrative o ricreative, e gli unici indizi di qualcosa di culturale erano la schiera infinita di cartelloni che pubblicizzavano uno stile di vita consumistico». I sobborghi che circondano Londra all’esterno del grande anello costituito dall’autostrada M25 sono – secondo James Graham Ballard – «il vero centro della nazione», luoghi in cui poteva essere avvalorata l’idea che «il parcheggio stava ormai diventando la più grande esigenza spirituale del popolo britannico». L’auto – non solo in Gran Bretagna – è diventata un’estensione del corpo e la mobilità un bisogno crescente. Gli spostamenti meccanizzati sono aumentati con il propagarsi sul territorio delle funzioni urbane, una crescita senza limiti che ha progressivamente coinvolto anche il territorio rurale.
Numerosi sono ormai gli studi che mettono in relazione il fenomeno della dispersione urbana con il peggioramento della salute e della qualità della vita nella popolazione che dipende totalmente dall’auto. In Urban Sprawl and Public Health, Howard Frumkin – che insegna Environmental and Occupational Health Sciences presso la Scuola di Salute Pubblica dell’Università di Washington – evidenzia come, almeno negli Stati Uniti, dove un americano su due vive nei sobborghi, lo sviluppo suburbano spinto dall’aumento della mobilità individuale, sia responsabile di una serie di patologie, dovute da un lato alle emissioni della mobilità motorizzata e dall’altro alla diminuzione delle occasioni di camminare per spostarsi tra un punto e l’altro della città. Disfunzioni cardio-vascolari e obesità sono le malattie emergenti della città a misura d’auto e stanno dilagando nelle campagne urbanizzate che, quella parte di mondo che siamo soliti definire sviluppato, corrisponde al fenomeno dell’ urban sprawl. Tuttavia anche in una metropoli come Parigi, da tempo impegnata in politiche di sostegno della mobilità sostenibile, l’inquinamento atmosferico rimane in cima all’elenco dei problemi non risolti: nel marzo di quest’anno la capitale francese è stata la città più inquinata del mondo.
L’ambiente urbano ha quindi solo da guadagnarci se introduce limitazioni dell’uso dell’auto e aumenta la possibilità che i cittadini si muovano a piedi e in bicicletta. Si tratta di un guadagno in salute e in danaro, come dimostra una ricerca dell’Università della California che ha esaminato oltre 500 studi svolti in 17 paesi nel tentativo di mettere in luce i benefici complessivi di una maggiore attività fisica della popolazione urbana. Sul lato economico la ricerca è giunta alla conclusione che per circa 1 euro investito in infrastrutture che spingano le persone a muoversi se ne ottengono circa 20 in incremento del commercio locale, in riduzione della congestione da traffico e dell’inquinamento atmosferico. Se da un lato la ricerca mette in luce che uno studio dell’Università di Cambridge stima in 700.000 un anno le persone che potrebbero morire in Europa a causa della mancanza di movimento da auto-dipendenza, dall’altro essa sottolinea il risparmio di 7,2 miliardi di euro in salute pubblica che la città di Portland potrebbe ottenere entro il 2040 grazie ai suoi investimenti in piste ciclabili.
Il documento elenca anche una serie di altri benefici che una vita più attiva dei cittadini può apportare alle città. Una strada non fiancheggiata da auto parcheggiate può, ad esempio, essere un deterrente per il crimine, studenti che si muovono di più tendono a rendere meglio a scuola e in generale più attività fisica significa più salute mentale e benessere della popolazione. La ricerca individua una serie di misure che le città dovrebbero prendere per diventare più sane e più vitali anche sotto il profilo economico: più parchi e spazi aperti, piste ciclabili e programmi pubblici per incentivare l’uso della bicicletta, sensibilizzare le famiglie sui vantaggi di far vivere i figli più vicino alle loro scuole. Misure i cui vantaggi sull’ambiente in generale (salute umana compresa) erano noti, ma se ora l’accento viene messo sulla convenienza economica forse potrebbero attrarre maggiormente l’attenzione di chi governa le città.
Riferimenti
J.G. Ballard, Regno a venire, Milano, Feltrinelli, 2006.
H. Frumkin, Urban Sprawl and Public Health, in Public Health Report, maggio-giugno 2002, vol. 117, pp. 201-215.
P. Walker, Cities with physically active residents more productive as well as healthier, The Guardian, 9 giugno 2015.