Secondo il dizionario Littré, il termine «banlieue» indica un territorio nelle vicinanze e sotto la giurisdizione di una città. Esso nasce dall’unione di «ban», bando – da cui discende anche bandito – e «lieue», luogo. Nell’ottobre del 2005 la rivolta delle periferie ha spinto il governo francese in carica a decretare lo stato d’emergenza e il presidente della repubblica a utilizzare termini come «voyou» e «racaille» per definire gli attori della guerriglia urbana. Sempre secondo il Littré, «voyou» indica, nel linguaggio parlato in particolare a Parigi, un popolano sgradevole e maleducato mentre «racaille» è un sinonimo di «canaille», canaglia. Due anni prima i fatti del 2005, Jacques Derrida (1930-2004) s’interrogava sulla ragione del più forte che conferiva a quest’ultimo il diritto di parlare di Stati canaglia («rogue States», in francese traducibile con l’espressione «Etats voyou») malgrado il duro colpo che questo tipo di retorica aveva subito da parte degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001. Derrida analizza il termine «voyou» mettendone in luce la natura urbana, parigina appunto. Una parola che «non ha soltanto un origine e un uso popolari, ma è destinata a designare qualcuno che, in ogni caso, per la sua provenienza sociale o per le sue maniere, appartiene a ciò che vi è di più popolare ne popolo. Il demos non è dunque mai lontano quando si parla della canaglia. Né la democrazia molto lontana dalla canagliacrazia (voyoucratie)». A quali condizioni – si domanda Derrida – una politica democratica della città può prendere in considerazione la canagliacrazia e il suo avere luogo nella «banlieue»? E’ una domanda alla quale purtroppo molta della retorica sulle periferie si guarda bene dal dare risposta ma che l’ondata di populismi che «fanno spesso appello alle canaglie» (si pensi al fenomeno «gilets jaunes») pone con rinnovata urgenza(M.B).
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L’immagine di copertina è tratta da Le Figaro